ZOOMAFIE: il business degli animali

Il termine zoomafia è stato coniato dalla LAV (Lega Anti Vivisezione) e indica lo sfruttamento degli animali per ragioni economiche, di controllo sociale e dominio territoriale, da parte di persone – singole o associate – appartenenti a clan mafiosi. Un termine entrato ormai nel lessico giornalistico e legale, che si riferisce alla nascita e allo sviluppo di una forma di criminalità, parallela legata a quella mafiosa, che trae profitto dal controllo di attività illegali che hanno al centro gli animali.

Il maltrattamento organizzato di animali assume diverse forme e connotati, ma tutti i filoni hanno in comune l’elemento business, per questo tali reati si accompagnano quasi sempre a quelli finanziari, fiscali o di contrabbando.

I maltrattamenti organizzati più diffusi sono le corse clandestine di cavalli, il traffico di cuccioli, i combattimenti tra animali, i business dei canili, il contrabbando di fauna e bracconaggio organizzato, le macellazioni clandestine, la pesca di frodo, l’uso di animali a scopo intimidatorio o per lo spaccio di droga, i traffici di animali via internet e la zoocriminalità minorile.

In Italia, ogni cinquantacinque minuti si commette un reato nei confronti degli animali; solo in Sicilia uno ogni dodici ore e se pensiamo che questo sia localizzato alle zone rurali, ci sbagliamo, perché sono le grandi città come Roma, Milano e Napoli a vedere il verificarsi dei delitti più efferati.

Per ricercare le origini delle zoomafie dobbiamo fare un passo indietro nel 1800 quando il boss della mafia era il fattore del grande latifondo del podere del nobile. La zoocriminalità è forse, dunque, il primo vero racket dei clan criminali.

Nel corso degli anni le organizzazioni mafiose e le attività di business a discapito degli animali hanno generato flussi finanziari illeciti cospicui, rafforzando la presenza della mafia sul territorio.

L’attenzione posta negli ultimi tempi su questi fenomeni e le varie indagini svolte nel nostro Paese hanno fatto emergere una realtà zoomafiosa, composita, articolata e con capacità di tessere rapporti collusivi con apparati della pubblica amministrazione. Si pensi a quanto emerso nelle indagini sugli affari dei canili, sul traffico di cuccioli o sul controllo dei pascoli, dove appartenenti alla pubblica amministrazione infedeli prestavano servigi e favori a gruppi criminali dediti a tali traffici. É errato pensare che siano attività delinquenziali residuali; contestualizzando alcuni fenomeni, si scopre che non sono affatto attività criminali trascurabili. Avere il potere sull’affaire randagismo in una determinata zona, ad esempio, significa accaparrarsi un’importante fetta di convenzioni con gli enti locali; avere il controllo dei pascoli, vuol dire mettere le mani su uno degli affari più cospicui e remunerativi del territorio, che non ha nulla da invidiare agli altri business criminali; costituire società fittizie per importare cuccioli dall’estero significa attuare una commistione tra flussi finanziari illeciti e fondi di origine lecita, tipica delle attività di riciclaggio. Insomma, sono molteplici gli interessi dello sfruttamento criminale degli animali che possono stimolare gli appetiti della criminalità organizzata e i casi accertati lo dimostrano. Nell’analisi dei rischi è particolarmente significativo contrastare tutte le attività che in qualsiasi modo possono contribuire al finanziamento delle organizzazioni criminali e a rafforzare la loro presenza sul territorio.

scritto da Eleonora Emanuele

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