Abbandono. Non solo reato. Il processo deve essere culturale

Non mancano buone leggi a tutela degli animali. Alcune sono migliorabili, in senso restrittivo, perché il valore della vita davanti ad un atto di violenza premeditata verso un indifeso non può essere derubricato ad un reato minore, scontato nella pena perché la vittima non parla e non reclama nulla se non rispetto e attenzione. C’è ancora molta strada da fare. È un lento processo culturale, ma indietro non si torna. I nostri doveri sono tuttavia ben chiari, tanto che l’ultima conquista è aver riconosciuto diritto di cittadinanza in Costituzione al rispetto degli animali.

È una pietra miliare. E allora, cosa manca al punto che ogni estate, ma anche tutto l’anno, gli abbandoni non cessano di incombere sul territorio, tanto che i nostri canili rifugio vanno in affanno?

I medici veterinari sono chiamati ad un lavoro di prevenzione e formazione delle coscienze. È un percorso culturale, che deve partire nelle scuole, nelle famiglie, negli enti locali, nelle forze dell’ordine. È ancora troppo invadente la percezione dell’animale come cosa, come oggetto che si rottama quando ci si stanca della sua presenza. Un ingombro, un impedimento alla “libertà” di una vacanza, di uno svago. L’abbandono è figlio di una cultura di deprivazione sociale, di totale assenza di affettività, di partecipazione ai sentimenti e agli stati d’animo di un palpito vivente. Vivere con un animale d’affezione è un atto di responsabilità civile, che non può dimenticare il patto di fedeltà tra il cane e l’uomo, solido da decine di millenni. Così come per i gatti. Siamo noi che abbiamo chiesto agli animali di seguirci, di entrare nelle nostre case, di adattarsi ai nostri tempi e spazi urbani di vita.

Di giocare e correre solo secondo la nostra disponibilità di tempo. Siamo noi che abbiamo portato il lupo a diventare cane, trasformandolo in nostro commensale, fino a una totale simbiosi, ad un legame così profondo che ha cambiato la storia dell’uomo e agevolato la nostra evoluzione. L’ingresso in famiglia di un animale d’affezione cambia quindi la vita, l’attaccamento diventa fattore di salute psicologica, il cane diventa mediatore sociale, “infermiere”, ausilio di cura nelle disabilità, apre porte chiuse dall’isolamento delle patologie umane.

Ma il cane e il gatto dipendono in tutto e per tutto da noi. L’abbandono è una condanna, è la bomba a grappolo che estende il randagismo a sistema e “normalità” in troppi territori ancora, dove la buona prassi della sterilizzazione dei cani di proprietà o da lavoro non è affatto consolidata e degenera fino a diventare endemica piaga del randagismo. E quindi problema di ordine pubblico.

Si possono fare leggi più punitive verso chi compie il reato ma l’arma più efficace è costruire la cultura del rispetto, dell’adozione o dell’acquisto consapevole, agire sulla consapevolezza di un impegno che è per tutta la vita.

L’educazione civica, che è tornata nelle nostre scuole, diventi il primo grimaldello per iniziare a fare educazione al benessere animale. Si attivino protocolli con le scuole, per incardinare la cultura del rispetto.

dr. Carla Bernasconi, responsabile Fnovi progetto nellesuezampe.it

Fonte: 

FNOVI

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