E’ la giornata delle balene. Aumentano le nascite ma le megattere sono ancora a rischio

Arriva dall’Australia la notizia piu’ incoraggiante sui protagonisti della Giornata mondiale delle balene, che ricorre oggi, terza domenica di febbraio. Al largo dell’isola oceanica, infatti, i maschi di megattere hanno iniziato a esibirsi fisicamente piuttosto che vocalmente per conquistare le potenziali partner.

Questo cambiamento nelle abitudini di corteggiamento e’ stato osservato a seguito di un aumento della popolazione di balene, che fino a pochi decenni fa erano state fortemente minacciate dalle attivita’ di caccia.

Secondo quanto emerge dallo studio, pubblicato sulla rivista Communications Biology e condotto dagli scienziati dell’Universita’ del Queensland a Brisbane, i maschi non hanno ora piu’ bisogno di sondare le vastita’ dell’oceano per trovare una compagna attraverso i loro canti, che abbiamo imparato ad amare, ma possono competere con i concorrenti attraverso il loro corpo, sfidando gli avversari in competizioni fisiche, piuttosto che in vocalizzazioni.

I ricercatori, guidati da Rebecca Dunlop e Celine Frere, hanno esaminato i dati raccolti tra il 1997 e il 2015, scoprendo che gli esemplari di megattere al largo della costa di Peregian Beach, in Australia, sono aumentati di circa sette volte nell’arco di tempo considerato.

Gli esperti hanno inoltre dimostrato che i maschi della specie avevano maggiori probabilita’ di individuare una partner quando si esibivano in competizioni con altri esemplari piuttosto che attraverso i canti.

La notevole riduzione delle attivita’ di caccia e l’aumento delle popolazioni, commentano gli autori, sembra aver influenzato le tattiche di corteggiamento di questi enormi e affascinanti cetacei.

Nonostante la moratoria a livello internazionale sulla caccia alle balene, tuttavia, alcuni paesi, come il Giappone, proseguono la cattura degli animali in modo discontinuo nella propria zona economica esclusiva. Le balene del mondo sono pertanto comunque considerate una specie a rischio di estinzione, tanto che oggi se ne stimano meno di 100 mila esemplari in tutto il mondo, come si legge sul sito del WWF. “Ci sono diversi fattori che mettono a rischio la conservazione delle balene – spiega all’AGI Elena Papale, ricercatrice presso l’Istituto per lo studio degli impatti antropici e sostenibilita’ in ambiente marino del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ias) – come la pesca illegale, spesso i cetacei restano impigliati nelle reti, e l’inquinamento. Negli ultimi decenni si e’ riscontrato anche un incremento delle collisioni con le navi, che possono compromettere la salute e la sopravvivenza degli esemplari”.

In Italia, secondo le stime del WWF, l’82 per cento di questi episodi e’ stato registrato nel Santuario Pelagos per i cetacei. “Un altro fattore particolarmente pressante riguarda l’inquinamento acustico e la presenza di sostanze tossiche e plastiche nelle acque – continua l’esperta – tutti i cambiamenti degli habitat, in generale, possono influenzare la qualita’ dell’acqua e nella alterare la catena trofica”. Le sostanze inquinanti, ad esempio, possono contribuire agli abbassamenti delle difese immunitarie, rendendo gli animali piu’ vulnerabili a determinate malattie. “C’e’ da precisare, inoltre, che ci sono molte attivita’ di cui non conosciamo ancora l’impatto sull’ambiente marino – precisa Papale – e la salute di una popolazione dipende anche dalla variabilita’ genetica che la caratterizza, e dal suo isolamento. La presenza di interazioni con altri gruppi puo’ infatti favorire il ricambio di geni, supportano la sopravvivenza di una popolazione”.

A livello globale, spiega la scienziata, e’ molto difficile quantificare la distribuzione degli esemplari, anche se i cambiamenti climatici stanno sicuramente alterando le zone e le regioni in cui le specie nuotano. “Ci sono hotspot di alimentazione o riproduzione delle balene – afferma Papale – ma non e’ semplice capire gli spostamenti delle specie e soprattutto quanto i singoli fattori, antropici o meno, possano influenzare la presenza di esemplari in determinate regioni”. Gli studi genetici effettuati nel bacino del Mediterraneo hanno rivelato che gli esemplari di balenottera comune dell’area mediterranea risultano differenziati dal punto di vista genetico.

“Ci sono animali che nuotano da e verso l’Atlantico – sostiene Papale – si sono anche verificati singoli avvistamenti di megattere o balene grigie, ma in generale sappiamo che le balenottere comuni mediterranee si distinguono come popolazione”. Al largo delle coste del Mare nostrum, i cetacei sono esposti a rischi legati all’inquinamento acustico e chimico, ma anche alla possibilita’ di collisioni. Dalla meta’ dello scorso secolo, inoltre, e’ attivo un servizio di monitoraggio degli eventi di spiaggiamento che avvengono in Italia. Gestita dall’Universita’ di Pavia, questa banca dati raccoglie le segnalazioni riguardanti cetacei scoperti sulle spiagge, distinguendo per genere e specie, a scopi statistici. “Ci sono ancora molti aspetti della distribuzione delle balenottere comuni nel Mediterraneo che ancora non conosciamo – osserva l’esperta – la situazione e’ molto piu’ complessa di quanto si possa immaginare”.

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