Le razze più amate? Una classifica fuorviante

di Stefania Piazzo – Periodicamente i media diffondono i cani di razza più ricercati dagli italiani. Ultimamente abbiamo letto sia il golden retriever il più amato, seguito dal labrador, dal pastore belga malinois e dal pastore border collie.

Non sono cani da compagnia. Sono cani da lavoro. Che cosa significa? Vuol dire che sono soggetti che nei secoli sono stati selezionati per lavorare, destinati a specifiche attività. Renderli da compagnia è una forzatura.

Cerchiamo di semplificare al massimo. Il Golden è un retriever, un cane da caccia che riporta la preda abbattuta. Anche se non lo usiamo a caccia, la sua memoria di razza porterà sempre “latente” questa necessità, questo istinto. Il labrador è un altro cane da caccia, da acqua. La preda la recupera nuotando.

Il malinois è un cane da pastore, sovrintende le greggi. Il perimetro del suo lavoro è invalicabile, conduce il bestiame in modo certosino. Anche il border collie è un cane da pastore, non abbandona un istante il gregge, lo spinge, raccoglie ovunque utilizzando la postura e gli atteggiamenti del lupo.

Sono “macchine da guerra”, non va mai dimenticato.

Basti solo pensare che la loro natura è essere impegnati diverse ore al giorno, anche ininterrottamente. I malinois li troviamo accanto all’esercito, in scenari di guerra, come i border sono spesso impiegati come cani su macerie e ricerca di persone.

Nella mia esperienza di educatore cinofilo, mi è capitato di essere consultata spesso per affrontare situazioni in cui la gestione di un golden era diventata insostenibile, il cane richiedeva lunghe uscite, molta attività fisica… Lo stesso vale per il border, cane che nasce per “fare qualcosa”, esattamente come il malinois. Le loro menti sono sofisticati apparati da lavoro.

Ma la lista potrebbe essere infinita, perché non c’è razza che non richieda una certa qualità delle uscite, una attenzione al benessere generale che soddisfi la rispettiva natura. La scelta cade spesso e purtroppo quasi sempre per ragioni estetiche, per letture superficiali, per informazioni sommarie. Per un capriccio. Banalmente, per ignoranza cinofila.

Non tutti i cani sono uguali, e se proprio ci si orienta verso un cane di razza, il pedigree è la prima cosa da chiedere. Non perché ci debba servire per fare gare (quante volte l’ho sentito dire dai proprietari, in buona fede), ma perché ci dice da dove arriva il cane, se è frutto di un accoppiamento corretto (i casi di consanguineità sono frequenti, non lo sappiamo e così ci troviamo poi a piangere dal veterinario quando si manifesta una tara ereditaria …. perché tanto il pedigree non ci serviva…), con cani sani non portatori di patologie ereditarie (come sopra…. tanto il pedigree non mi serve…), con cani che vediamo in carne e ossa, non importati da chissà dove e spacciati come di razza. Vendere un cane come di razza senza pedigree è un reato.

Inoltre, è fondamentale informarsi sul carattere dei genitori, sulle loro predisposizioni, sul loro temperamento e su come i cuccioli sono stati socializzati nei primi mesi di vita.

Un cane di razza, infine, non può costare due lire. Dietro c’è il lavoro di anni di selezione, di test genetici pagati cucciolo su cucciolo, per garantire al proprietario un cane sano. La ricerca del prezzo più basso è un grave errore. Prima di affidarci al cugino di turno, e, sia concesso, alla cucciolata casalinga senza avere una certificazione della salute del cane, pensiamoci. Meglio rivolgersi a questo punto ad un rescue sulla razza che ci interessa. Spesso e volentieri proprietari che hanno preso un cucciolo senza rendersi conto che quella razza richiede impegno, “sbolognano” il cane.

Io, 22 anni fa, iniziai così. Adottando un beagle di un anno e mezzo, lasciato in pensione a 6 mesi dalla famiglia e mai più reclamato. Si chiamava Vasco. Non cercavo un cane ma una collega di lavoro mi avvertì di questo soggetto in cerca di famiglia. Ero forzatamente senza auto per un incidente, viaggi e gite erano sospesi. Presi Vasco, diventò il mio compagno di vita tra casa e il parco di Villa Litta ad Affori. Poi cambiai casa per dare a entrambe un giardino.

Era un cane tra i tanti, “invisibile” ma unico. Due anni dopo salvò una donna, che trovò morente nel bosco sopra casa. Vinse il premio internazionale fedeltà del cane a San Rocco di Camogli. Ogni volta che leggo di classifiche sui cani più ricercati penso solo a quanta approssimazione vi sia nel divulgare cosa sia “meglio” o più facile da condurre. Perché tutto dipende da noi, da quanto ci mettiamo in gioco. Gratis.

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