All’indomani dell’annuncio della riforma fiscale che la settimana scorsa ha ottenuto il via libera del Consiglio dei Ministri, abbiamo presentato al Ministro e al Viceministro dell’Economia la richiesta di abbassare pressione fiscale su cibo e prestazioni veterinarie e aumentare la detraibilità delle spese per curare gli animali.
Attualmente su prestazioni veterinarie e cibo grava, infatti, l’IVA ordinaria (22%), come quella sui beni di lusso, e come se non bastasse la detrazione massima che è possibile ottenere è di soli 80 euro circa indipendentemente dal numero di animali che vivono detenuti.
Questo regime fiscale che colpisce almeno 10,1 milioni di gatti e 8,7 milioni di cani che vivono in famiglia, ai quali vanno ad aggiungersi i tanti che vivono in canile o randagi non va nella direzione di tutelare animali e cittadini.
L’IVA al 22% sulle prestazioni veterinarie costituisce un problema anche per i Comuni le associazioni animaliste e i volontari e ha come effetto un peggioramento complessivo della tutela della salute degli animali ricoverati nei rifugi o che vivono sul territorio.
Per questi motivi LAV, che nel 2018 ha lanciato la campagna #IPiùTassati #CuriamoliTutti finalizzata a ottenere un fisco amico degli animali, rinnova al Governo e al Parlamento le richieste di IVA agevolate su cibo e prestazioni veterinarie, esentando le prestazioni finalizzate alla prevenzione del randagismo e delle patologie trasmissibili (identificazione e iscrizione di cani e gatti nell’anagrafe degli animali d’affezione, sterilizzazione dei cani e gatti di proprietà e vaccinazioni), nonché di aumentare la quota di detrazione fiscale delle spese veterinarie e dei farmaci veterinari.
Le misure, condivise anche dal mondo della veterinaria e da partiti di maggioranza e di opposizione, sono indispensabili per ridurre l’incidenza fiscale sul reddito di oltre dieci milioni di famiglie italiane, un vantaggio che andrebbe soprattutto in favore di quelle più vulnerabili e della lotta all’evasione fiscale.
Un fisco “amico degli animali” avrebbe anche indiscutibili effetti positivi sulla qualità della vita degli animali, sui loro diritti alla cura e all’adeguata nutrizione, sulla lotta al randagismo, ma anche sulla classe veterinaria che potrebbe vedere aumentare il numero dei pazienti animali e sulla società tutta.