Benessere giuridico degli animali – Avv. Portoghese, liti condominiali per l’abbaiare dei cani. Casi maledettamente pratici

di Filippo Portoghese -L’intolleranza verso tutto e tutti unita a una non sempre corretta conoscenza delle regole origina, con preoccupante ricorsività, pericolose diatribe condominiali che se non composte in tempo utile possono avere degenerazioni non sottovalutabili. Come quella di essere costretti a lasciare la propria abitazione perché sfiniti dalla conflittualità come finanche ritrovarsi protagonisti, a seconda del ruolo scelto, in procedimenti penali i cui capi di imputazione possono essere diversi. Dal disturbo della quiete pubblica sino a reato di lesioni. Con figure delittuose intermedie tra la prima e la seconda ipotesi.

Non poche volte questa conflittualità è fomentata anche da proclami via social che rivendicano diritti inesistenti in capo agli animali (in particolare mi riferisco ai cani) o che sono frutto di interpretazioni elementari di disposizione normative. Due esempi su tutti. L’abbaio è un diritto del cane; nel condominio posso fare quello che voglio perché nessuno può vietarmi di detenere un cane. Più volte o cercato di sconfessare questi assiomi.

Dalla teoria alla pratica. Immaginiamo due situazioni che tutto sono tranne che fantasiose.
Tizio ha un cane ed è in affitto (cioè locazione) all’interno di un condominio. Caio, pure lui in affitto, lamenta un persistente e non oltremodo sopportabile abbaiare -nel corso dell’intera giornata- da parte del cane di Tizio. L’amministratore del condominio, su sollecitazione di Caio, diffida Tizio a fare cessare quelle che definisce intollerabili immissioni di rumore (l’abbaio del cane). Non solo, sempre l’amministratore invia un invito al proprietario dell’appartamento di Tizio (Mevio) perché prenda provvedimenti verso il proprio inquilino. E, tanto per complicare ancora un po’ la vicenda, Caio minaccia di risolvere il suo contratto di affitto con Sempronio sempre a causa dell’abbaiare di quel cane (di Tizio).

Se fossero di pregio quegli assiomi tramandati via social ai quali ho fatto prima cenno, Tizio non dovrebbe temere alcunché. Invero la questione va affrontata secondo le regole del codice civile (e non secondo quelle dei social).

Prima considerazione. Se il regolamento condominiale (contrattuale) non dovesse contenere (necessariamente) una specifica clausola dalla quale fare derivare una responsabilità (anche) del locatore Mevio, non vi è ragione per coinvolgere quello nella vicenda de quo. Solo un eventuale interessamento delle parti comuni (il cane che abbaia in giardino, sulle scale, nelle parti comuni) giustificherebbe l’intervento dell’amministratore. La vicenda, invero, rimane un affaire tra Tizio e Caio.

Seconda considerazione. Alcun pregio è il coinvolgimento di Mevio, proprietario dell’appartamento in cui vive Tizio salvo dimostrare (mi piacerebbe capire in quale modo) un suo coinvolgimento causale o concorsuale nella vicenda contestata.

Terza considerazione. Possibile invece il coinvolgimento di Sempronio, padrone di casa di Caio. Quest’ultimo ha certo azione diretta verso Tizio, come visto, ma non si può escludere che, qualora il pregiudizio sia considerabile grave motivo di recesso, sopravvenuto alla stipula del contratto, Caio possa domandare finanche la risoluzione del contratto di locazione.

Quarta e ultima considerazione, forse la più importante. Il tema centrale e dunque il merito della vicenda.

Il diritto di detenere animali è riconosciuto (non da tutti) quale esplicazione di un diritto della personalità dell’individuo. Ciò detto, questo diritto non oscura l’altrettanto sacrosanto diritto di ciascun altro condomino a condurre una vita serena e tranquilla, godendo del prezioso sonno ristoratore.

Non qualsiasi rumore può essere contestato ma solo quello che superi la normale tollerabilità. Un criterio incerto ma dirimente al fine di determinare -se e in quale misura – una immissione può essere o meno impedita, ovvero oggetto di tutela sia inibitoria che risarcitoria. Discutendosi di immissioni (nella specie di rumori) i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità costituiscono tipicamente.

Tipicamente tali perché nei rapporti tra privati tale prova potrebbe essere raggiunta anche prescindendo da perizie fonometriche e, aggiungo, l’eventualità di una richiesta di danno non patrimoniale per l’eccessivo rumore determinato dall’abbaio del cane potrebbe prescindere dalla sussistenza di un provato danno biologico.

In altre e più semplici parole, ragionevolezza, buon senso, buona educazione prima di ogni altro principio. E conoscenza delle regole.

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