San Gallo, quando uno stemma fa dell’orso l’identità di un popolo. E in Trentino?

di Stefania Piazzo – Avete presente, vero, il simbolo che campeggia nello stemma della città svizzera di San Gallo. E’ un orso. Oggi le dinamiche moderne ci parlano di orsi abbattuti, estinti e poi reinseriti e ora di nuovo perseguitati. La natura ha regole molto chiare, una volta che si attiva. L’uomo che regole ha? Che regole desidera? Siamo davanti ad una palese schizofrenia, prima si introduce poi si vuole eliminare.

Il rapporto tra l’uomo e il Creato, in senso laico, è davvero strano. Forse basterebbe, sempre in modo laico, prendere esempio da chi in modo etico ha dato testimonianze che resistono al tempo e, direi, persino all’uomo.

Possiamo citare Francesco d’Assisi o san Filippo Neri, o sant’Antonio Abate. Ma quello che si vuole far notare è che la storia popolare, genuina, ci racconta di animali che si sono presi cura dell’uomo. San Gallo, fondatore e patrono dell’omonima città svizzera, era arrivato dal Galles e aveva predicato come eremita, nella sua angusta cella. Erano tempi in cui le popolazioni alemanne non davano tanto confidenza o, come si usa dire oggi, socializzavano. Fatto sta che San Gallo era isolato, e nessuno lo ascoltava. Tranne un orso. Era l’unico mammifero che gli faceva visita. Il legame divenne così leggendario che quando la popolazione finì per convertirsi, fu edificata una abbazia e la città per celebrare la sua storia, prese un orso a emblema dello stemma cittadino. E in Trentino?

San Rocco, patrono dell’omonimo paese in cima a Camogli, ha una storia simile. E’ sempre raffigurato con un cane che reca in bocca un pezzo di pane. Il santo, isolato dai paesani perché appestato, si cibava con quanto veniva da lui portato dal cane. E’ una fedeltà alla relazione che diventa proverbio, leggenda, simbolo. E premio, perché ogni anno il 16 agosto, a San Rocco appunto, vengono premiati i cani eroi da tutto il mondo.

La fedeltà alla relazione quando è l’uomo protagonista, cambia paradigma invece. Accade il contrario. Si deve dire che sia si tratti di animali delle foreste o da compagnia, la storia si ripete. Si vuole tornare alla natura, ma non ne se conoscono le regole. E se regole ci sono, non è mai compito di chi le deve far rispettare verificare cosa sia accaduto. E’ sempre colpa della bestia cattiva. Alzi la mano chi pensa sia l’orso.

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