Emergenze – Protezione civile animale, tra il dire e il fare

di Stefania Piazzo – Era il 2016 quando, in occasione del terremoto in Italia centrale, partecipai alla realizzazione del progetto di una protezione civile animale. Fu un percorso tortuoso, messo in piedi grazie alla volontà delle principali associazioni italiane di volontariato animalista e che venne in seguito codificato attraverso il  Decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 (Raccolta 2018) Codice della protezione civile pubblicato nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.17 del 22-01-2018).

Come tutti i grandi sogni, le grandi ambizioni e le i progetti, definiamoli così, “visionari”, che intuiscono il futuro e lo vogliono realizzare per un fatto di compiuta civiltà, i tempi per renderlo efficace, non sono quelli che vorremmo.

La catastrofe in Emilia Romagna non è gestibile come un quasi ordinario scenario di inimmaginabile inferno. Eppure quello che si vede, da fuori, è la rincorsa alla gestione della sopravvivenza, e i racconti sui soccorsi degli animali sembrano un fatto legato in parte allo spontaneismo, in parte alla necessità di mettere in salvo ciò che c’è di vivo da recuperare. Va da sè che si possa dire: si fa fatica a salvare i cristiani, figuriamoci gli animali.

La medicina delle catastrofi, la protezione civile come cardine di un paese dovrebbero essere la priorità di un sistema paese. Quanto tempo passerà prima che si evolva verso questa direzione, questo status di democrazia, che affronta quello che la Terra sta affrontando e subendo? In altre parole, siamo oltre l’antropocene, siamo in una nuova era per il Pianeta e pensiamo ancora di gestire le situazioni vivendo il passato.

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