I camosci del Monte Grappa ora sono monitorati per studiare anche il clima

I camosci del Monte Grappa nel clima che cambia, sono il tema di un progetto di studio dell’Università di Sassari, in collaborazione con la Regione Veneto, che ha come obiettivo l’analisi dei comportamenti di questa specie animale alla luce dell’aumento delle temperature e del cambiamento climatico. Il progetto di studio è finanziato dal Pnrr e fa capo al Centro nazionale per la biodiversità, guidato dal Cnr. 

Si prefigge di osservare come i camosci stiano cambiando le loro abitudini in base all’aumento della temperatura, e anche alla presenza del lupo, tornato in pianta stabile sul Monte Grappa. I primi sette esemplari sono stati individuati sulle pendici del massiccio, in un’operazione congiunta delle Polizie Provinciali di Belluno, Treviso e Vicenza, in particolare nell’area di Cima Grappa, dove da oltre un mese sono stati predisposti i siti di studio. Gli animali sono stati individuati, temporaneamente sedati e dotati di radiocollare, prima di essere rilasciati nel loro ambiente naturale, sotto le cure dei veterinari. 

I primi sette esemplari sono stati individuati sulle pendici del massiccio, in un’operazione congiunta delle Polizie Provinciali di Belluno, Treviso e Vicenza, in particolare nell’area di Cima Grappa, dove da oltre un mese sono stati predisposti i siti di studio.

Sono stati scelti solo esemplari maschi, in quanto per le femmine questo è il periodo della riproduzione. Nei prossimi mesi, i loro spostamenti saranno analizzati dall’equipe di Marco Apollonio, docente di zoologia dell’Università di Sassari, coordinatore del progetto. In un secondo momento verranno individuati altri camosci. 

Gli studi recenti sul camoscio rivelano che per effetto del cambiamento climatico le popolazioni alpine sono in diminuzione, con esemplari giovani per lo più deboli; alcune popolazioni di bassa quota sembrano tuttavia rivelare una resistenza e uno stato di salute maggiore. 

 L’ipotesi che il progetto del Monte Grappa punta a confermare è che il bosco – presente in gran parte del massiccio – possa rappresentare un’area rifugio, soprattutto nella funzione di attenuare l’effetto dell’aumento della temperatura.

Foto di Olivier Tavernier 

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