Il nostro Mediterraneo maglia nera per gli uccelli marini

 Il Mediterraneo è l’area del Pianeta in cui la plastica dispersa in alto mare minaccia maggiormente gli uccelli marini già a rischio estinzione. Lo dimostra uno studio pubblicato su Nature Communications da una collaborazione internazionale di oltre 200 ricercatori di 27 Paesi guidati da Università di Cambridge, BirdLife International e British Antarctic Survey.

Per l’Italia partecipano Ispra, Cnr, Università Statale di Milano, Lipu, Università di Palermo e Parco naturale Regionale di Porto Conte (Alghero). Gli uccelli marini sono tra gli animali più a rischio di estinzione a livello globale: circa un terzo delle specie sono classificate come ‘vulnerabili’, ‘in pericolo’ o ‘in pericolo critico’ nella lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura. I ricercatori hanno analizzato i dati di 77 specie di uccelli marini migratori, più di 7.000 individui e 1,7 milioni di posizioni registrate tramite dispositivi di tracciamento remoto, mettendoli in relazione con le mappe che mostrano della concentrazione di plastica a livello globale. In questo modo è stato possibile identificare le aree in cui gli uccelli sono più esposti ai rifiuti di plastica e quali specie e popolazioni sono più colpite.

Tra le zone più pericolose per gli uccelli vi sono il Mediterraneo, il Mar Nero, il Pacifico nord-occidentale e nord-orientale, l’Atlantico meridionale e l’Oceano Indiano sud-occidentale. I dati mostrano inoltre che le specie già a rischio di estinzione (a causa dell’introduzione di specie aliene nelle isole dove si riproducono, per catture accidentali o per i cambiamenti climatici) sono anche le più esposte alla plastica. Quindi, “se il problema della plastica continua ad aggravarsi, la condizione già fragile di queste specie potrebbe peggiorare ancora”, commenta Maria Dias dell’Università di Lisbona. La maggior parte delle specie corre un rischio maggiore di trovare plastica in acque internazionali: “ciò significa che la cooperazione internazionale è fondamentale per risolvere il problema”, conclude la ricercatrice.

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